martedì 11 ottobre 2011

Il sussulto nel dormiveglia

Anche per parlare di rivoluzione bisogna avere coraggio.

La rivoluzione non è cosa semplice: richiede sfrontatezza, follia, entusiasmo. 

In un mondo dove gli animi sono sopiti e pigri nonostante la frenesia e il logorio dei giorni che inesorabilmente passano (e irreversibilmente non tornano), sì, bisogna trovare il coraggio anche solo di parlarne. Bisogna farlo per abituare le menti al cambiamento che ognuno di noi, volente o nolente, ha dentro di sé e che, volente o nolente, dovrebbe portar fuori ogni qualvolta il corpo, la mente, l'anima si ribellano perché desiderosi di sbocciare, di esplodere, di vivere

Tante, troppe volte ho cercato di sopprimere e soffocare questa sensazione che continua, imperterrita, a cuocermi dentro, ogni giorno sempre più violenta, scomoda ma inesauribile. Ho provato ad assecondare pensieri e opinioni altrui senza che trovassero un vero e proprio riscontro con i valori in cui realmente credo; ho provato ad indossare mille maschere per piacere e compiacere; ho provato a nascondermi dietro sorrisi di circostanza ingoiando prevaricazioni. Ci ho provato e ho sofferto.

Ho sofferto perché "la vita secondo gli altri" non è "la mia vita". Sono due libri separati, diversi, contrastanti. Sono il nero e il bianco, la casualità e il destino, l'istinto e il raziocinio.

Sono i Nirvana e i Beatles. 

Non si smette mai di soffrire, così come non si smette mai di rimandare questa benedetta rivoluzione. E' lì, che implora, grida e schiamazza. E' lì che quando vorresti vomitarla riesce pure a sussurrartelo all'orecchio, senza disturbarti troppo, come un bambino che ti tira la mano cercando di portarti davanti allo scaffale dove campeggia il giocattolo del suo desiderio. 

Lech lechà: vai a te stesso. 

E tu, con gli occhi lucidi e il magone che ti impedisce di parlare, sorridi alla tua rivoluzione e scuoti la testa. Perché non hai abbastanza coraggio di prenderla per mano e tuffarti nella follia, sentendoti libera anche in mezzo agli squali

Ieri sera un amico mi ha detto che cambiare, il più delle volte, è difficile. Lo sapevo già, ma lui me l'ha palesato. Mi ha detto che non è mai troppo tardi per mettere in atto la propria rivoluzione. Lo sapevo già, ma mi ha confortato. E ha aggiunto che molto spesso la rivoluzione che rimane in stand-by dentro di noi, viene poi alimentata e attivata grazie a qualcun altro, qualcuno di esterno: un conoscente, un mentore, un esempio, o un amico come lui. A questo, sinceramente, non ci avevo mai pensato. 

E sapete perché succede questo? Perché le persone che ci stanno vicine in fin dei conti lo fanno perché ci amano. E quando ci amano per quello che siamo non vorrebbero mai vederci diversi. Ci guardano negli occhi e ci dicono "non cambiare mai" dandoci una pacca sulla spalla. E questo "non cambiare mai" è allo stesso tempo una condanna e il prodotto delle loro paure e del loro lecito egoismo. Quelle tre parole hanno un sottotitolo che dice Non cambiare mai, perché se tu dovessi cambiare dovrei cambiare anch'io, imparando a rapportarmi con te in un modo del tutto nuovo e diversoE ho una paura fottuta di cambiare

L'ho ringraziato, questo mio amico. Gli ho detto che le sue parole, che prima di ieri sera erano riversate sulle pagine di un libro, mi avevano rassicurata, mi avevano fatto capire che non ero sola. Le sue parole erano le parole di Matteo, ma anche quelle di Carla e quindi di Sofia. E di Daniele. Erano le parole di due adulti e di due adolescenti che si mescolano, si attanagliano e finiscono per non avere più distinzione né limbo. Perché in fondo qualsiasi adolescente è già un po' adulto e gli adulti, beh, gli adulti non smettono mai di essere adolescenti. 


     


Questo amico, che di nome fa Silvio Muccino, ha scritto "Rivoluzione n.9" a quattro mani con un'altra amica speciale, che di nome fa Carla Vangelista. Questi animi galantemente ribelli hanno sfoderato le loro armi silenziose con l'Inno alla gioia di Beethoven come colonna sonora per la loro impresa.

Dicono che se lo ascolti bene, non sarai più lo stesso. Dicono di lasciar fluire la propria rivoluzione. Dicono di imparare a dire no. Dicono e parlano di me, senza essere coscienti di farlo. O forse sì.

E io non posso far altro che ringraziarli. Perché mi hanno fatto capire che la sensibilità e la fragilità non sono difetti, ma qualità andate dimenticate per fame di successo, ricchezza e potere. Perché indirettamente mi hanno iniziata ad una rivoluzione personale che è partita nell'esatto istante in cui ho aperto quel libro e che probabilmente non finirà mai, non finirà più. E' lì, accanto a me, che mi guarda sorridendo perché sa con sicurezza che uno di questi giorni la porterò fuori, a fare un giro. 

E da quel momento niente ..niente sarà più come prima. 
Ed io sarò finalmente me stessa. 


Silvio Muccino @ Fnac Milano - 10/10/11

giovedì 6 ottobre 2011

In memory of Steve Jobs

Al di là della sua creazioni, “Stay hungry. Stay foolish.” è l’insegnamento che porterò sempre con e dentro me, il monito, il motto, la lezione di vita. Steve ci ha insegnato che possiamo trarre ispirazione da tutto ciò che ci circonda, ci ha insegnato che in tutto e in tutti c’è del potenziale. Basta solo guardare nella giusta direzione e non avere paura di rischiare. Sorrido perché so che continuerà a ricordarcelo, perché ciò che ha creato parlerà di lui e per lui, senza bisogno della sua diretta approvazione.

Goodbye Steve. Goodbye genius.