lunedì 13 febbraio 2012

Ciao nonno..




Si dice che l’uomo possa conoscere il momento in cui la morte sta sopraggiungendo, ma non quello in cui i suoi occhi si chiuderanno e il suo cuore cesserà di battere, non potrà razionalizzare o ragionarci sopra in un secondo momento, perlomeno non in questo mondo. Ciò fa di lui un essere immortale. E questo dolce pensiero viene rafforzato dal ricordo, dall’eco dei suoi gesti, delle sue espressioni, delle sue parole che continuano a vivere nelle persone che sono venute dopo di lui, in chi è sangue del suo stesso sangue, in coloro che gli sono stati accanto, nelle persone che hanno ricambiato un suo sorriso. Abbiamo l’enorme potere di influenzare, di illuminare le vite degli altri attraverso ciò che scegliamo di fare, di dire ogni giorno.

Tu non sei mai stato uno di grandi parole, nonno. Schivo, riservato, mi hai però insegnato che la solitudine può essere cangiante, mutevole e per questo bellissima.
Mi hai insegnato che posso trovare tutte le risposte dentro il mio silenzio, dentro il silenzio di quattro pareti bianche che circondano altrettante famiglie. Mi hai insegnato a stare bene con me stessa senza bisogno di essere prolissa né ridondante. Mi hai insegnato che la mente può battere il corpo 1 a 0, anche se quest’ultimo fa di tutto per sopraffare. Hai sempre avuto una mente sveglia, lucida e questo, forse, a volte è stato controproducente ma mai inutile. I ricordi della tua vita, della tua infanzia, i fatti storici che ti hanno accompagnato sono sempre stati vividi nella tua mente, non hanno mai preso polvere. E se mi impegnavo, riuscivo persino a leggerli in quei piccoli eppur vivaci occhi color cielo che indossavi.

Mi strappi un sorriso se ripenso a quando, da piccola, prendevo carta e penna e ti facevo fare i dettati, come una maestra fa con il suo scolaretto. E tu non ti negavi mai, ma facevi qualche errore grammaticale e allora io ti riprendevo e tu, divertito, ridevi e a ripensarci bene magari qualche errore lo facevi pure apposta pur di veder scaturire in me qualche reazione. Elisa ricorda quando giocavamo con le carte, mettendo i soldini sopra di esse o quando, d’estate, ti posizionavi rigorosamente sotto l’ombrellone e poi, puntualmente, ti spellavi lo stesso e più di tutti. Le giornate passate ai parchetti, i panini con la nutella, il tuo amore per i quiz televisivi,
niente verrà scordato. Nemmeno la tua testardaggine o quel tuo sguardo, a volte un po’ perso, che guardava giù, verso la piazza e la stazione. Chissà a cosa pensavi, nonno. Forse pensavi di poter andare veloce come i treni che vedevi passare, forse speravi che arrivasse in orario il giorno in cui i cuori che ti stavano attorno si allietassero, diventassero finalmente sereni, senza serbare rancore, né odio, né indifferenza. Forse era ciò che più desideravi, ma non hai mai avuto il coraggio di dircelo. Eppure davanti alla morte tutto sembra così assurdo, tutte le incomprensioni appaiono inutili, senza senso.

Poco più di un mese fa mi hai guardata e mi hai sussurrato di stringerti la mano. L’ho fatto senza esitare e tu me l’hai stretta forte. Avrei voluto chiederti il perché di mille cose, ma ho deciso di farlo nel mio silenzio, come tu mi hai insegnato. E so che in qualche modo mi hai risposto, con quel gesto: questo mi ha rasserenata. E ciò che rasserena tutti noi oggi è sapere che quella tua malattia che ti ha impedito di muoverti come avresti voluto ora è stata sconfitta.
Abbiamo vinto noi nonno, è lei quella che ha lasciato il campo a mani vuote. E ora puoi fare tutto ciò che vuoi, puoi riprendere a camminare, puoi persino correre nonno, in campi di luce a te sconosciuti ma che presto, prestissimo ti saranno familiari.  

"Quello che facciamo è soltanto una goccia nell'oceano, ma se non ci fosse quella goccia all'oceano mancherebbe." (Madre Teresa di Calcutta) 

Raffaele Leggieri - 11.09.1927 • 10.02.2012

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